Il diritto di visita del genitore non collocatario e le restrizioni alla libertà di circolazione
Di Chiara Ingenito
La diffusione del Covid-19 e la successiva dichiarazione di pandemia, con l’attuazione e il successivo inasprimento delle misure di contenimento del virus, su tutto il territorio nazionale, impone qualche riflessione sulle ricadute di ciò sulla famiglia, in particolare nell’ambito delle situazioni di separazione, divorzio ed affidamento, in merito all’esercizio del diritto di visita da parte del genitore non collocatario. Infatti, sebbene sia stata diramata una nota del Governo, a seguito del decreto dell’11 marzo 2020, con cui viene previsto che sono consentiti “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”, permangono comunque dubbi ed incertezze.
Innanzitutto, il primo problema si pone per coloro che sono di fatto separati e sono in attesa della fissazione di udienza per la separazione o per l’affidamento, o, quando è cominciata l’epidemia, stavano svolgendo le trattative al fine di raggiungere un accordo congiunto. In tali ipotesi, non esiste alcun provvedimento del giudice che possa comprovare la legittimità dello spostamento da una zona all’altra o ancora da una regione all’altra e quindi consentire al genitore di esercitare il proprio diritto di visita, come magari stabilito in via di fatto dalle parti o come già convenuto con un accordo ancora non depositato. In tale ipotesi quindi, ciascuna parte dovrebbe, in relazione alle regole del buon senso e nel perseguimento del superiore interesse del minore, che dovrebbe guidare qualunque scelta lo riguardi, anche e soprattutto in un momento emergenziale, consentire il diritto di visita dell’altra parte così come stabilito e, se non si riesca a realizzare in modo concreto, rafforzare i contatti tra minore e genitori mediante gli strumenti informatici, al fine di rendere concreto l’esercizio della bigenitorialità.
Logicamente, mentre è verosimile che tale approccio trovi luogo nei contesti a media-bassa conflittualità, ciò non è allo stesso modo possibile nei contesti familiari ove il conflitto è alto e quindi tra i genitori le cui modalità comunicative sono particolarmente aspre. In tal caso, prima di prendere decisioni unilaterali che possano esporre i figli a pregiudizio – già particolarmente fragili per il contesto che stanno vivendo – ed in secondo luogo inasprire un conflitto in modo irreversibile, sarebbe opportuno rivolgersi prima di tutto ai propri legali al fine di trovare assieme ad essi delle soluzioni, evitando di diffidare l’altra parte da determinate condotte o arrivando addirittura a mobilitare le forze dell’ordine, in questo momento occupate con l’emergenza in corso, salvo ovviamente che la condotta di un genitore possa esporre l’altro o i figli minori a un grave nocumento all’integrità psicologica e soprattutto fisica.
In merito al secondo problema connesso e collegato, con il decreto del 22 marzo 2020, nell’ottica dell’irrigidimento ulteriore delle misure, viene prescritto, all’art. 1 lett. b) che “e’ fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute…”.
Diversamente, il D.P.C.M. del 9 marzo 2020 all’art. 1 prevedeva che andasse evitato “ogni spostamento delle persone fisiche salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute; è consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Dalla lettura delle due norme a confronto si evince che la previsione di spostamenti dettati da situazioni di necessità è stata eliminata e quindi, ad ora solo teoricamente, viene meno la legittimazione per i genitori non collocatari che intendono andare a prendere i figli dall’altro genitore per condurli presso la propria abitazione. Ciò avverrebbe anche se il genitore dovesse riaccompagnare i figli minori presso la casa dove questi ultimi sono residenti, in quanto la limitazione di spostamento riguarda, a seguito del provvedimento del 22 marzo 2020, anche lo spostamento per tornare presso il luogo dove sono residenti. In entrambi i casi il genitore potrebbe incorrere nella violazione dell’art. 650 c.p.
Alla luce di queste precisazioni, sembra sia necessaria una nuova nota del Governo con cui si chiarisca, in primo luogo, la posizione di coloro che dispongono di un provvedimento del giudice o di una sentenza omologata per poter esercitare il diritto di visita e, in secondo luogo, per coloro che invece, pur essendo separati esercitano, solo in via di fatto, il diritto di visita.