A cura di Azzurra Baggieri
Ed eccoci giunti al IX appuntamento con il tema della gestione dei beni culturali ai tempi del Covid.
La scorsa settimana abbiamo avuto modo di intervistare Giulia Martina Weston, storica dell’arte, docente universitaria (presso il Courtauld Institue of Art e
presso il Sotheby’s Institute of Art di Londra) e consulente per case d’asta, antiquari e collezionisti privati.
Le domande che le abbiamo rivolto riguardano i cambiamenti che l’attività didattica universitaria ha subito, anche in Inghilterra, in ragione dell’emergenza sanitaria occorsa, il funzionamento dei Musei nel periodo del lockdown, gli effetti negativi che anche il mercato dell’arte ha subito a causa della pandemia.
Nel riproporvi di seguito l’elenco di tutte le interviste da noi già pubblicate sul tema, vi auguriamo una buona lettura!
premessa giuridica;
intervista a Gaspare Baggieri, antropologo e curatore del Museo di Storia dell’Arte sanitaria di Roma;
intervista a Rossana Vitiello, Funzionario storico dell’arte del MiBACT presso il Segretariato Regionale del MiBACT per la Liguria;
intervista a Gnisci J., Fellow at the University of Oxford;
intervista al Prof. Maurizio Quagliuolo, archeologo, museologo, manager dei beni culturali, docente presso l’Università “La Sapienza”;
intervista a Nadia Francaviglia, restauratrice specializzata nel settore della Conservazione Preventiva dei beni culturali;intervista a Fulvio Cervini, Professore associato in Storia dell’arte medievale e Tutela dei Beni Culturali presso l’Università di Firenze, nel Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo.
1) In Italia, anche l’attività didattica delle Università ha risentito degli effetti negativi del lockdown determinato dalla pandemia. Come riferito dallo stesso Prof. Cervini nell’ultima intervista pubblicata, durante questa fase di interruzione della didattica frontale, si sono scoperti tutti i limiti di un Paese poco digitalizzato. Anche le Università inglesi hanno optato per siffatta metodologia di insegnamento a distanza? In qualità di docente universitario presso il Courtauld Institute of Art e presso il Sotheby’s Institute of Art di Londra, ha riscontrato delle difficoltà nella gestione della didattica on-line? La ritiene una metodologia di insegnamento valida ed efficace?
Ritengo che la risposta di entrambi gli Istituti, che peraltro godevano già da anni di ottime piattaforme digitali, sia stata repentina ed efficace. Nell’arco di pochi giorni le modalità di insegnamento, il calendario accademico e financo i criteri di valutazione delle prove sono stati ridisegnati in rapporto ad uno scenario fortemente destabilizzante ed in continua evoluzione. Si è cercato di tenere conto dell’impatto emotivo che l’emergenza ha provocato sulle aspettative degli studenti, nonché dell’impossibilità di accedere a biblioteche e fototeche. Il mio corso prevedeva una serie di lezioni e di esercitazioni in musei ed archivi fotografici che non ha potuto avere luogo. Ai miei studenti insegno ad avvicinarsi il più possibile alle opere d’arte, ad accovacciarsi sul pavimento per apprezzare la costruzione prospettica dei dipinti (metodo molto efficace per le tele di Tintoretto, ad esempio), ad osservare la crosta pittorica di sguincio per scoprire la tridimensionalità dell’ultimo Rembrandt in contrapposizione alle superfici levigatissime di Carlo Dolci o di Sassoferrato, e a prendere nota delle dimensioni delle opere – aspetto, quest’ultimo, mortificato dalle riproduzioni fotografiche, come già rimarcato dal grande conoscitore Federico Zeri. A ciò si aggiunga, come ben evidenziato dagli esperti che mi hanno preceduta, l’impossibilità di replicare per via telematica un’altra “aura” fondamentale nel processo di insegnamento, ovvero quella che si crea nel dialogo, in presenza, con gli studenti e tra gli studenti, che ridisegna la lezione e ne reindirizza proficuamente il corso. Questo processo maieutico, a vantaggio di entrambe le parti, viene inevitabilmente sacrificato dalla didattica on-line. Pur tuttavia, questa metodologia di insegnamento ha consentito di non interrompere bruscamente l’attività accademica e di raggiungere tutti quegli studenti che, per ragioni di varia natura, si sono visti costretti a lasciare Londra per ritornare nei propri Paesi di appartenenza, spesso extra-europei. Fermo restando che un ritorno alla didattica in presenza tout court (meglio ancora se al cospetto dell’opera d’arte) è ovviamente auspicabile, ritengo che le opportunità offerte dalle piattaforme utilizzate in questo periodo possano rivelarsi interessanti anche ad emergenza rientrata a complemento della didattica frontale. Sarebbe utile, ad esempio, fornire agli studenti l’accesso a materiali multimediali prima di una lezione e, dal punto di vista dei docenti, beneficiare dell’esistenza di piattaforme per lo svolgimento di alcune attività collegiali.
2) In ragione della grave emergenza sanitaria, diversi Musei nel mondo (anche i più importanti) hanno dovuto interrompere il loro funzionamento. Le mostre sono state prorogate, i vernissage rinviati e il personale preposto, relegato allo smart-working. In ragione dell’attività di consulenza che svolge in favore di case d’asta, antiquari e collezionisti privati, ritiene che anche il mercato dell’arte abbia subito un forte arresto?
Negli ultimi mesi si è assistito ad una situazione molto particolare, una sorta di divorzio involontario tra il mondo dei musei e delle mostre (che ha visto la proroga di eventi molto attesi, come la prima mostra monografica su Artemisia Gentileschi nel Regno Unito, che doveva essere inaugurata alla National Gallery ad aprile), e quello del mercato dell’arte, che ha subito repentine mutazioni genetiche, ma non ha conosciuto alcun arresto. Al contrario, l’impulso dei collezionisti sembra essere stato quello di circondarsi di oggetti d’arte e di arredo di pregio e la consulenza richiestami ha riguardato molto di più gli acquisti che le vendite. Sempre maggiore attenzione viene rivolta alle opere su carta, disegni ma anche incisioni e stampe, e all’arredamento vintage, il cui mercato online è in espansione.
Un’altra novità di rilievo è la sinergia creatasi tra case d’asta e antiquari, da cui è scaturito il progetto di Sotheby’s The Dealer’s Eye – due aste online, con partners rispettivamente di New York e di Londra, tenutesi dal 18 al 25 giugno.
Trentanove espositori ed antiquari hanno presentato oltre cento opere tra Old Masters e dipinti del XIX secolo. Siffatta alleanza mira a facilitare il compratore, offrendo ai singoli dealers visibilità ed una piattaforma, quella di Sotheby’s, celebre e ben consolidata. Inoltre nei prossimi giorni, dal 3 al 10 luglio, si svolgerà, rigorosamente online, la London Art Week Digital, la cui nuova piattaforma digitale consentirà ad un range molto vasto di espositori e di opere – da pezzi medievali a sculture neoclassiche, da cornici rinascimentali a disegni del Novecento – di raggiungere vecchi e nuovi clienti a livello globale. Dopo le polemiche, per nulla infondate, scatenate dalla mancata cancellazione del TEFAF di Maastricht (la più importante fiera annuale di arte, antiquariato e design in Europa) lo scorso marzo, rinomati antiquari e collezionisti hanno iniziato ad interrogarsi su quale possa essere il futuro del mercato dell’arte, non sempre agevolato da un numero cospicuo (e, per la verità, sempre crescente) di fiere ed eventi che richiedono, ad ambo le parti, un ingente dispendio di energie e risorse. Che il digitale sia una possibile risposta? Per ora parrebbe di sì.
3) In Inghilterra come crede sia stata affrontata la gestione dei beni culturali in tempi di pandemia? Sono state previste delle modalità alternative e/o innovative per assicurare la fruibilità del patrimonio culturale? Crede che da tale periodo di crisi sociale ed economica, possano essere tratti validi insegnamenti per una migliore futura (anche a emergenza sanitaria cessata) gestione del patrimonio culturale inglese e mondiale?
Nel Regno Unito sono state adottate delle ottime misure alternative per assicurare, nei limiti del possibile, la fruibilità del patrimonio culturale. Senza soluzione di continuità si sono susseguite visite virtuali a tema, lezioni gratuite impartite dai curatori, ed iniziative volte a fidelizzare un pubblico vasto, inclusivo delle fasce più giovani e di varia etnia. Io ho il privilegio di vivere a pochi isolati da un museo piccolo e meraviglioso, la Dulwich Picture Gallery, che da anni si industria nei modi più sbalorditivi e ammirevoli non solo per attrarre nuovi visitatori, ma anche per soddisfare le numerose e diverse esigenze della comunità locale. Ne conseguono due riflessioni di più ampio respiro. La prima è che mai come ora l’aspetto della didattica museale si è rivelata fondamentale nel mantenere saldo quell’abbraccio virtuale tra le collezioni ed i visitatori. Questo è tristemente lo stesso settore nel quale si operano tagli di personale e di stipendio con comprovata leggerezza. Credo che i tempi siano maturi per investire in maniera più sistematica e congrua in un ambito di tale rilievo strategico. In secundis, occorrerebbe implementare, con l’ausilio di adeguati sgravi fiscali, la possibilità da parte dei privati di contribuire materialmente alla sopravvivenza – ma preferirei dire al benessere – di musei e istituti di cultura. Perché in fondo, dalle più antiche logiche di mecenatismo al marketing odierno più spietato, quando si riceve si desidera dare indietro.
Giulia Weston con gli studenti del Sotheby’s Institute a Kenwood House. Photo: Shannon Bozarth