A cura di Azzurra Baggieri
Pietro Sganzerla è il poliedrico artista contemporaneo che abbiamo avuto modo di intervistare (dopo Marzia Flamini, Junior Specialist Dipartimento Arte del XIX Secolo presso
Finarte Auctions S.r.l.) circa le difficoltà che attualmente vivono gli artisti contemporanei nella creazione e diffusione della loro arte. Le risposte che ha gentilmente offerto allo studio legale aprono lo spiraglio a nuove frontiere di interazione e di fruizione dell’arte.
Le misure di distanziamento sociale adottate dal Governo al fine di contenere il più possibile il contagio virale, hanno avuto ripercussioni negative sul mondo dell’arte. Le Gallerie d’arte e i Musei hanno dovuto chiudere al pubblico ed in generale qualsiasi tipo di evento culturale è stato annullato o rinviato a data da destinarsi. Quali crede, dunque, siano stati i disagi più rilevanti che gli artisti contemporanei hanno dovuto affrontare (e affrontano tutt’oggi) per la promozione della loro arte?
I disagi più rilevanti dovuti alle misure contenitive della pandemia da Corona Virus sono state indubbiamente tutte quelle legate al rapporto con il pubblico.
Il mestiere dell’arte, qualunque sia la mansione svolta, si basa principalmente su rapporti interpersonali; la chiusura di tutti le attività culturali pubbliche e private ha scardinato questo paradigma essenziale.
Così Musei, Gallerie, Fondazioni, Pinacoteche, Kabinet, Wunderkammers, Cinema e Teatri si sono trovati senza quella componente fondamentale che anima e giustifica il loro esistere: il pubblico.
E a sua volta il pubblico si è trovato impossibilitato a fruire, se non in casi eccezionali legati allo studio e alla ricerca, dei contenuti offerti.
Internet è arrivato in soccorso di molte attività, offrendo la possibilità di sopperire a questo blocco fisico, con alternative virtuali.
Diverse piattaforme e applicazioni permettono (da anni) di mostrare la propria arte attraverso bacheche e vetrine virtuali, dando la possibilità a tutti di farsi vedere e di mantenere una continuità con il proprio pubblico di seguaci.
Internet ci ha permesso di valicare qualsiasi tipo di confine e di quarantena; la virtualità ci è venuta in soccorso come potente mezzo come mai prima, ed in moltissimi settori lo smart working è stato adottato velocemente come metodo alternativo al lavoro d’ufficio.
Insomma il mezzo digitale è stato un potente alleato, e lo è tutt’ora, permettendoci di continuare a mantenere dialoghi attivi sull’arte e sulla cultura.
Dall’inizio della quarantena in Italia, ho iniziato a tenere sui miei profili social una specie di diario giornaliero del mio lavoro, attraverso un’ immagine al giorno.
È stato l’inizio per me di una pratica nuova che tutt’ora porto avanti, di catalogazione ed interazione con il pubblico.
Inaspettatamente la risposta che ho ricevuto è stata molto positiva, ricevendo molti messaggi di sostegno e richieste di lavoro, che un tempo non avrei immaginato di poter ottenere in questa maniera.
Da alcuni mesi poi ho aderito ad una brillante iniziativa artistica promossa da un artista inglese, Matthew Barrow, lanciata sulla piattaforma Instagram, denominata #artistsupportpledge, che ha messo in contatto comunità di artisti da tutte le parti del mondo, offrendo una validissima alternativa per vendere e finanziare i propri progetti.
Il mezzo digitale è stato quindi per me la più grande fonte di aiuto, divulgazione e sostegno per poter sponsorizzare e far conoscere il mio lavoro ad un pubblico sempre più vasto.
Qualora l’emergenza sanitaria continuasse a protrarsi a lungo nel tempo quale crede possa essere una valida alternativa per la promozione degli artisti e delle loro opere?
Certo è difficile rimpiazzare con il mezzo virtuale le emozioni scaturite dall’ascoltare un concerto dal vivo, la magia dello schermo del cinema che ci cattura e le vibrazioni che possono scaturire nel contemplare un’opera d’arte dal vivo, eppure nuove frontiere di fruizione e di utilizzo dei mezzi tecnologici possono aiutarci a migliorare e rendere più veritiero questo aspetto.
Molti musei hanno cominciato a creare gallerie virtuali delle loro sale e delle opere esposte, e la qualità delle riproduzioni digitali è arrivata a dei livelli di definizione molto elevati, arrivando a rendere visibile dettagli un tempo impossibili da mostrare.
Insomma se da un lato le misure di contenimento sono state perniciose dal punto di vista dei contatti umani dal “vivo”, il mezzo virtuale ci permette di esplorare nuovi efficienti canali di comunicazione.
D’altro canto mi auspico che questo momento di pausa/riflessione globale ci possa dare l’input per cominciare a sviluppare nuovi metodi alternativi di interazione e di fruizione dell’arte.
Penso alla tecnologia virtuale dei videogames, alla serie di visori per la realtà aumentata che permettono di avere un’immersione a 360° in quello che oggi è il gioco e perché no in futuro, la sala di una museo, uno scavo archeologico, un giardino botanico.
Il mondo dell’arte è in continua trasformazione, l’arte stessa non è mai immobile perciò saremo sempre in grado di trasformarla e trasformaci per poter rendere il mondo brillante e nuovo attraverso di essa.
Nell’ipotetico e certo non auspicato nuovo blocco, credo che il potenziamento da parte degli enti culturali di tutti i mezzi virtuali a disposizione possa essere un validissimo aiuto per continuare a mantenere un rapporto con il pubblico, senza dover interrompere drasticamente il lavoro di molti.
Presso l’INPS è stato istituito il Fondo PSMSA (acronimo di Pittori, Scultori, Musicisti, Scrittori e Autori Drammatici) con l’intento di sostenere i suoi iscritti nel loro percorso lavorativo. Crede che sostegni di tal genere, soprattutto in tempi di emergenza Covid 19, possano rappresentare dei validi aiuti per gli artisti in difficoltà?
In ultima analisi penso che qualsiasi aiuto da parte dello Stato sia utile, necessario e allo stesso tempo insufficiente per sopperire ai disagi che un blocco del genere ha scaturito.
Indubbiamente positivo l’aiuto economico, ma non capace di garantire una continuità lavorativa.
A mio avviso il mestiere dell’arte è di per se instabile e non garantisce mai una retribuzione omogenea e continuativa, ed a volte è proprio questo stimolo, questa “fame” che spinge gli artisti a dare il meglio di se stessi nella creazione del proprio lavoro.
Penso che l’aiuto economico sia solo una piccola parte di quello che lo Stato (gli Stati) possa dare; bisognerebbe pensare a misure più utili per permettere agli artisti di lavorare e di mostrare il proprio lavoro.
Ma ancora una volta penso che questa sia una sfida che tutti debbano accettare con quelle che sono le armi in possesso di ognuno.
A volte è proprio dal disagio che emergono le risposte più interessanti ed inaspettate, poiché sono fermamente convinto che esistano risposte e comportamenti alterativi che aspettano solo di essere adottati.
Picture by Chris Boulden