Brevi considerazioni sul sistema di controlli e sanzioni del nuovo decreto legge 25 marzo 2020 n°19.
Di Francesco Mambrini
- La struttura del decreto legge n°19/2020.
Il nuovo decreto legge 25 marzo 2020 n°19, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo stesso predetto giorno ed entrato in vigore il giorno successivo, acquista allo stato attuale la funzione di “normativa primaria quadro” per quanto riguarda le misure adottabili per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Lo stesso sostituisce il decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 che, fino ad oggi, era stata la fonte di legittimazione dell’esercizio dei poteri emergenziali adottati dagli Organi centrali dello Stato e che di fatto, salvo le clausole finanziarie e qualche norma minore, viene esplicitamente abrogato.
Il primo articolo del decreto legge racchiude l’elenco delle misure che potranno essere adottate attraverso le fonti delegate, le quali vengono prese in considerazione negli articoli successivi. Nello stesso articolo 1 si conferma che lo stato di emergenza è protratto fino al 31 luglio 2020 e si afferma che ciascun provvedimento attuativo potrà avere una durata naturale non superiore ai trenta giorni, prorogabili.
L’articolo 2 del decreto legge riguarda determinate misure che potranno essere adottate in via principale e generale tramite lo strumento già noto dei D.P.C.M., seguendo una procedura che adesso viene maggiormente dettagliata. Vengono in ogni modo fatti salvi i D.P.C.M. adottati nelle precedenti settimane.
L’articolo 3 concerne i poteri sostituivi e delegati per l’adozione dei medesimi provvedimenti in capo ai Presidenti delle Regioni, all’interno dei relativi territori.
- Il nuovo sistema di sanzioni amministrative per le violazioni agli obblighi dettati dal sistema di prevenzione del contagio.
Dalla lettura del decreto legge, l’articolo che reca maggiori novità è il successivo articolo 4 che riguarda le sanzioni. Esso, più degli altri, innova il sistema e traccia una rotta differente da quella fino ad oggi seguita dalle disposizioni finora adottate per contrastare l’emergenza sanitaria.
Il primo grande cambiamento di prospettiva riguarda l’aspetto della depenalizzazione di quasi ogni ipotesi di violazione delle limitazioni attuate dal decreto.
Viene fatta salva l’ipotesi per cui, se il fatto costituisce di per sé reato, esso sia perseguibile, ma certamente si tratta di ipotesi residuali – ovvero qualora il fatto per una sua peculiarità vada ad offendere autonomi e differenti beni giuridici rispetto a quello della salute preso in considerazione dal decreto legge; ciò è confermato dalla espressa previsione per cui non sono applicabili a detti casi le “sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità”.
Viene esclusa da tale depenalizzazione solo la fattispecie di violazione dell’obbligo di “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus”: in tal caso si applica la fattispecie penale di cui all’articolo 260 del T.U. sulle leggi sanitarie, che nel testo contestualmente emendato prevede l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000 oppure – se dalla violazione colposa ne consegue il verificarsi di epidemia – la fattispecie più grave di cui all’articolo 452 c.p. nel suo rinvio all’articolo 438 c.p., comportante la reclusione da uno a cinque anni, che diviene da tre a dodici anni, ove ne derivi la morte di qualcuno.
Tornando alle altre fattispecie depenalizzate, la nuova sanzione “unica” si applica anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto– per le quali era prevista l’applicazione della fattispecie di cui all’art. 650 c.p. – con alcuni correttivi.
- La quantificazione negli importi della sanzione pecuniaria.
La sanzione dunque diviene di natura amministrativa, con tutto ciò che questo comporta in ordine alle conseguenze e all’iter di accertamento, contestazione e opposizione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, è prevista una sanzione pecuniaria da € 400,00 a 3.000,00 con riguardo alla quale sono previsti:
- l’aumento fino ad un terzo, se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo;
- il raddoppio in caso di reiterazione (fattispecie che peraltro pone problemi in ordine allo scambio di dati e alla formazione di banche dati riguardanti i precedenti, nonché in ordine alla loro mancata opposizione);
- il dimezzamento rispetto alla misura minima, per le violazioni depenalizzate con effetto retroattivo e dunque commesse prima del 26 marzo 2020 (ovvero quelle con riguardo alle quali si era previsto di procedere originariamente con l’applicazione della fattispecie di cui all’art. 650 c.p.).
Per quanto riguarda la violazione degli obblighi di chiusura o le limitazioni di apertura ordinate nei confronti di attività, centri sportivi e di formazione e altri esercizi, è prevista anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura da 5 a 30 giorni, con facoltà dei soggetti accertatori, se ritenuto necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, di disporre la chiusura provvisoria e immediata per una durata non superiore a 5 giorni, scomputabili dalla sanzione definitivamente disposta.
- Il procedimento di accertamento e contestazione della violazione.
Più peculiare è il procedimento che conduce all’irrogazione di simili sanzioni, che richiama in parte la normativa generale di cui alla legge n°689/81, in parte il Codice della Strada, con ciò generando un sistema assolutamente singolare.
Infatti, preposti ad accertare la violazione sono tutte le Forze di Polizia e, previo apposito provvedimento del Prefetto competente per territorio, anche le Forze Armate; in ogni caso il coordinamento è eseguito dal Prefetto.
È previsto inoltre che la contestazione vada effettuata immediatamente, quando possibile.
Si deve però considerarsi che l’attività di accertamento del soggetto preposto comporta anche una necessaria valutazione della sussistenza della fattispecie sanzionatoria; ad esempio, nel caso di divieto di circolazione sul territorio, l’agente accertatore sarà il soggetto che dovrà valutare il ricorrere o meno del giustificato motivo previsto dalla norma che permette di derogare o meno a tale precetto.
In considerazione di ciò, sarà necessario quel minimo di istruttoria e contraddittorio che potrà così differenziare tali sanzioni da alcune più comuni violazioni del codice della strada, che spesso non richiedono la contestazione immediata.
Piuttosto, il fenomeno della contestazione tramite notificazione avverrà con riferimento a tutte quelle ipotesi in cui – prima dell’entrata in vigore del decreto legge n°19/2020 – non si era provveduto con contestazione immediata, in virtù del differente regime di natura penalistica che caratterizzava la fattispecie e che dunque non la prevedeva.
Al riguardo, la contestazione dovrà avvenire per i residenti in Italia entro novanta giorni dall’accertamento. I termini per le trasgressioni accertate prima dal 15 aprile 2020, decorreranno da tale data, salvo ulteriori proroghe, in considerazione del richiamo all’articolo 103 del decreto legge 17 marzo 2020, n°18, che sospende fino a tale data il decorso dei termini procedimentali.
In virtù del richiamo speciale a talune norme del Codice della strada sono prese in considerazione le seguenti peculiarità:
- il trasgressore sarà ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme;
- tale somma sarà ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione;
- Nel verbale di contestazione dovranno essere indicate le modalità di pagamento, con il richiamo delle norme sui versamenti in conto corrente postale, o, eventualmente, su quelli in conto corrente bancario ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico;
- Qualora l’agente accertatore sia munito di idonea apparecchiatura sarà possibile effettuare immediatamente, nelle mani dell’agente accertatore medesimo, il pagamento mediante strumenti di pagamento elettronico, nella misura ridotta;
Ove non si sia proceduto al pagamento in misura ridotta, l’agente dovrà fare rapporto al Prefetto oppure, se la misura restrittiva trova fonte nel provvedimento del Presidente di una Regione, all’ufficio regionale competente.
- L’eventuale fase di impugnazione amministrativa.
Nell’ultimo caso anzi detto, in alternativa al pagamento entro sessanta giorni dalla misura ridotta, si potrà procedere entro trenta giorni con la presentazione di scritti difensivi e documenti e la richiesta di audizione all’Autorità competente – dunque la Prefettura o la Regione, a seconda dei casi.
Detta Autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se riterrà fondato l’accertamento, determinerà, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ingiungerà il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione, altrimenti emetterà ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.
Occorre considerare che, in tal caso, la determinazione dell’importo sanzionatorio potrà anche essere più elevato del minimo e anzi portata al massimo, con ciò esponendo ad una sanzione anche di € 3.000,00 per una singola violazione ovvero di € 4.000,00 se la stessa è stata commessa a bordo di un mezzo – per non considerare le ipotesi di raddoppio in casi di reiterazione.
L’ordinanza-ingiunzione dovrà essere pagata entro sessanta giorni e costituirà titolo esecutivo. Quindi, l’Amministrazione avrà la facoltà di eseguire direttamente la stessa in danno del debitore, aggredendo ogni suo bene nei modi e nelle forme di legge.
- La facoltà di ricorso al Giudice avverso l’ordinanza-ingiunzione.
Solo avverso tale provvedimento è ammessa l’impugnazione giurisdizionale innanzi al Giudice di Pace competente per territorio, nel termine di trenta giorni dalla notifica.
L’impugnazione non fa venire meno automaticamente la facoltà della stessa di essere portata in esecuzione e la sospensione di efficacia della medesima potrà al più essere ordinata dal Giudice nel corso del giudizio, ove ritenuto opportuno a seguito di richiesta della parte.
- Considerazioni conclusive.
È evidente, all’esito della presente analisi, che se da un lato la depenalizzazione della fattispecie ha reso meno severo il grado del trattamento sanzionatorio, dall’altro certamente ha reso più efficace ed afflittiva la misura.
La struttura del procedimento amministrativo infatti, grazie allo strumento dell’autotutela esecutiva, si caratterizza per la facoltà di rinviare in fase ultima e postuma, rispetto all’irrogazione della sanzione, l’intervento del magistrato competente. ciò è opposto e contrario alla struttura dell’illecito penale, precedentemente applicabile, che rende invece possibile la comminazione della sanzione prevista solo ad opera e tramite l’azione del magistrato, nell’ambito di un processo caratterizzato dal sistema di tutele dei diritti del cittadino.
La magistratura quindi è chiamata solo all’esito a valutare la legittimità o meno dell’azione posta in essere e ormai compiuta in tutte le sue fasi dall’Amministrazione.
La circostanza pone alcune perplessità soprattutto a fronte dell’ampia discrezionalità rimessa al singolo agente accertatore sulle cause di giustificazione che, come noto, sono previste in maniera generica dalla norma secondaria, specie con riferimento agli spostamenti.
Vi è dunque il rischio di una qualche forma di pregiudizio dei diritti del cittadino, che, rispetto al processo penale, è in parte privato di alcuni benefici procedurali prima di addivenire ad una pronuncia afflittiva, nonché del principio di uguaglianza nell’applicazione della norma sul territorio nazionale – considerato che ciascun accertatore ha ampia discrezionalità nel ritenere sussistenti o meno i presupposti sanzionatori.
Sarà dunque necessaria cautela, attenzione e ampia responsabilità delle Istituzioni e degli Uffici chiamati all’applicazione di simili fattispecie. Sarebbe opportuno immaginare l’introduzione di strumenti di maggior dettaglio, quali linee guida, che rendano più facile alle autorità procedenti e al cittadino di comprendere cosa è lecito fare, prima di costringer quest’ultimo a ricorrere al supporto di un legale per far valere i propri diritti.
Per alcune osservazioni procedurali, si segnala un’ulteriore riflessione del Collega Antonio Faberi reperibile qui