LA GESTIONE DEI MUSEI IN PERIODO CORONAVIRUS
Parte seconda
Intervista a cura di Azzurra Baggieri
La scorsa settimana abbiamo fornito la premessa giuridica in relazione al tema della gestione dei musei statali italiani in periodo coronavirus, al fine di fare fronte all’emergenza sanitaria. Oggi proseguiamo, in questa seconda parte, con il primo degli interventi, che coinvolgeranno vari operatori ed esperti del settore.
Sulle difficoltà incontrate dai singoli Uffici nell’organizzazione del nuovo lavoro da casa, interviene Gaspare Baggieri, antropologo e curatore del Museo di Storia dell’Arte sanitaria di Roma, il quale riferisce che «una delle principali difficoltà riscontrate nella gestione del lavoro museale è che solo una piccola parte dei lavoratori risulta ad oggi fornita degli strumenti necessari per lavorare da casa (mi riferisco a quei pochi che, già da novembre 2019, si erano proposti per la sperimentazione dello smart working) rimanendo, invece, una parte esclusa dalla fornitura delle tecnologie applicative e comunicative necessarie per rendere la prestazione lavorativa da casa al pari di quella in sede».
Senza contare che molti lavoratori in SW necessitano di chiavi di accesso per i sistemi protocollari come Giada o accesso a banche dati rese fruibili solo in sede attraverso Intranet».
Secondo il medesimo permane sì l’obbligo di reperimento del dipendente durante l’orario di lavoro agile (e il controllo è assicurato dall’Ufficio del personale deputato a ricevere ogni 3/4 giorni un rendiconto da parte dei singoli dipendenti sulle attività da essi svolte e in corso di svolgimento), ma lo smart working porta ad un’autoresponsabilizzazione circa le attività da svolgere.
In particolare l’antropologo Baggieri afferma: «se, ai sensi del Decreto Direttoriale n. 2013 del 2018, allo smart working il lavoratore dipendente aveva accesso dietro presentazione di un progetto – che lo stesso avrebbe dovuto portare avanti nelle ore convenute – l’improvviso stravolgimento dell’attività lavorativa di tutti non ha dato ai dipendenti il tempo di organizzarsi in tal senso, sicché ad oggi i singoli lavoratori sono chiamati a pensare e portare, ognuno nel proprio campo, idee e progetti da concretizzarsi sia adesso, con lo sfruttamento della rete e dei social network, sia nella sede lavorativa, quando il periodo dell’emergenza si potrà dire concluso».
Ed infatti, continua Baggieri: «lo strumento dello smart working, applicato in Italia solo da poco, e inizialmente in forma timida, sta ora comportando per necessità di forza maggiore, un coinvolgimento massiccio dei dipendenti pubblici. Vengono ovviamente mantenuti in sede lavorativa i servizi essenziali che necessitano di un front-office con i cittadini.
Allo stesso tempo il lavoro agile, in altri Istituti pubblici come i Musei, trova una sua estesa diffusione in ambito amministrativo con riferimento alle mansioni legate ai sistemi di protocollazione, di gestione del personale, e per tutte quelle rilevazioni di natura statistica che sono legate alla fruizione pubblica (bigliettazione, numero visitatori, aperture straordinarie, orari, musei e aree aperte o chiuse ecc.).
L’attuale emergenza sanitaria ha costretto al lavoro da remoto anche il personale scientifico, competente nelle tutele o deputato alla conservazione e valorizzazione dei beni nei Musei, il quale ha dovuto modificare l’attività lavorativa abitualmente svolta in sede per adattarla alle modificate condizioni di lavoro agile. Da casa siffatti lavoratori continuano ad occuparsi di rilevazione e analisi di dati, di collaborazioni internazionali, di alternanza scuola lavoro o ancora di corsi di formazione a distanza e di presentazione di libri oltre a conferenze on line etc… Permangono in essere anche i rapporti con studiosi esterni al Museo ai quali si continua a dare risposta per tutte quelle istanze avanzate in termini di studio, informazioni, copie di schede, immagini fotografiche, suggerimenti per articoli».
Dunque, quali sono le categorie di dipendenti di un Museo statale che non possono giovarsi di questa differente e moderna possibilità di lavoro?
«Per essi dobbiamo intendere tutti quelli occupati abitualmente in vigilanza, direzione e controllo di pulizie (particolarmente importanti in questo periodo in cui l’igiene è una priorità), manutenzioni, monitoraggio del funzionamento di strutture ed impianti, interventi di direzione e controllo sui cantieri esterni e adempimenti fiscali».
Sul fronte, invece, della valorizzazione dei beni culturali, Baggieri riferisce che «in queste condizioni, sia i progetti che l’attività ordinaria svolta in SW dal personale scientifico è indirizzata in parte alla valorizzazione delle collezioni museali ed in parte alla progettazione di iniziative ed eventi mostre. I dipendenti sono, quindi, occupati nel rendere fruibili sul sito del Museo percorsi tematici – anche solo iconografici – tramite caricamento (con annesso commento) di gallery relative o a singole opere o alle migliori sale espositive museali (per un interessante esempio di questa attività on-line, si veda quella lanciata dai Musei Reali di Torino a questolink).
Infine il Baggieri conclude con una riflessione circa le modalità alternative di finanziamento dei Musei.
Lo stesso riferisce: «da qualche tempo a questa parte la fruizione museale ha assunto una notevole impennata in termini di presenza di visitatori in ragione dell’ingresso gratuito nei musei statali nelle prime domeniche del mese. Questa impostazione, già avviata ed applicata in grandi musei europei, come il British Museum di Londra, il Museo del Louvre a Parigi ed il MET di New York, anche se con alcune differenze, ha dato luogo anche ad un aumento dei visitatori nelle restanti giornate.
Ma questa esigenza di cultura fiorisce oggi anche grazie ad Internet.
Tantissimi i Musei che hanno inserito, già prima dell’emergenza epidemiologica, nei loro siti le gallery di immagini, accogliendo l’ospite virtuale in un percorso fatto di selezioni di opere, scelte tra le più belle.
Ecco quindi che, anche a prescindere dall’emergenza del coronavirus, in futuro, si potrebbe pensare ad imporre il pagamento di un biglietto on-line per fruire di una visita virtuale di elevato livello scientifico, nonché interattivo, in grado di offrire al visitatore un’esperienza altrettanto formativa e costruttiva.
Dunque alla domanda “perché pagare un biglietto per una visita on-line?” si può rispondere che ciò sarebbe utile al fine di continuare a contribuire alle spese del Museo?
«Di certo le spese di gestione di un Museo non vengono mai ripagate dagli incassi del pubblico se non in rari casi (comunque tendenzialmente i grandi incassi vengono reinvestiti in mostre o in manutenzione delle sale o in aperture di nuovi spazi o in aperture gratuite straordinarie, come avviene per gli Uffizi, il Colosseo e lo stesso Castel S. Angelo di Roma), ma, allo stesso tempo, per non far venire meno una voce di introiti e dunque per continuare a supportare i Musei italiani, un biglietto a pagamento per una visita on-line, (assieme agli investimenti da parte dei privati con strumenti di defiscalizzazione e donazioni), a fronte di innovativi percorsi multimediali, aiuterebbe a fronteggiare le spese di manutenzione, di restauro, del personale di custodia, del personale amministrativo, del personale scientifico, così come quello necessario per l’allestimento delle mostre.
La tecnologia moderna consente ampiamente e con facilità di visitare un museo attraverso un tablet, un computer, uno smartphone, dunque perché non approfittarne?».
Picture by Matthew Henry (Royal Ontario Museum)